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Epistolario > Volumen 17 (Junio 1903 -... > Vol. 17 - carta 587

Datos del fragmento

Remitente ARTURO FARINELLI Destinatario MARCELINO MENÉNDEZ PELAYO Fecha 13 agosto 1904 Lugar Gmunden

Texto

Volumen 17 - carta nº 587

De ARTURO FARINELLI
A MARCELINO MENÉNDEZ PELAYO

Gmunden, 13 agosto 1904

Illustre e caro amico, Feste dell'intelletto e del cuore sono le epistole sue ed i lavori ch'Ella con squisita gentilezza di tempo in tempo m'invia. Non posso pensare a Lei molte volte senza aver lacrime di commozione. Fugge il tempo. Potrò io ancor mai stringerla al mio petto?

Ella non è solo prodigiosamente fecondo e intenditore meraviglioso d'ogni fase dell'umana natura; l'intuito profondo dell'arte è in Lei e si divisa spontaneo, naturale, in tutto quanto esprime; il calore dell'anima sua si comunica ad ogni suo scritto. Si figuri con quanto piacere ho letto la sua «Contestación» al nuovo accademico che vale infinitamente più del discorso inaugurale. Non le faccio complimenti, sprezzo le frasi e le lusinge, riverto anch'io e sinceramente l'animo mio.

Non sapeva nulla dell'orribil sciagura toccata al nostro Rodríguez Marín. Da più d'un anno non ricevo lettere da Sevilla; col marchese di Jerez ruppi, seccato e nauseato dal contegno di un suo figlio al quale avevo prodigato favori a Zurigo. Or' io m'immagino quel grande e caro uomo ridotto a tacersi, genialmente loquace, provvido di detti arguti, salati, piacevolissimo, inesauribile com'era, redivivo Quevedo, ma infinitamente più bonario e socievole. Io l'amavo, l'amo tuttora come fratello. Ascoltava a Sevilla fin tardi dopo la mezzanotte, entro le camere della male amministrata giustizia, le sue difese dei delinquenti; quel sorrisetto sulle labbra mobili m'è ancor presente, quei discorsi, quell'aria putrida. Le pandette ed i codici non andavano per lui. Or la favella è ferita in seguito ad altri e gravi patimenti. Io la scongiuro per quell'amore ch'io porto alle lettere ed alla coltura tutta della Spagna, estendibile si capisce a tutti i cari e valenti uomini che la coltivano, di mettersi a capo di una commissione accademica che sotto pretesto di questi o di quest'altro lavoro, assicuri al carissimo invalido nostro e padre di numerosa prole, un pagamento annuo o premio o rimunerazione in risarcimento dell'onere della avvocatura non più percettibile.

La triste notizia evocò mille sogni del passato e una voce del cuore prepotente mi grida ch'io non posso aver dato un addio per sempre ai lidi che tanti carissimi amici miei rinchiude. [1] Tornerò. Mi sono già imposto studi faticosi che esigono la mia presenza in Ispagna. Io vorrei fare coll'Altamira una guida intellettuale (non un Baedecker per carità) della Spagna, con indicazioni minutissime, compiutissime, storico-critiche-artistiche-bibliografiche, e già qualche notízía ho raccolta. Laggiù brillano quei fari che m'illumineranno nell'età matura. È malattia insanabile questo desiderio di vagabondaggio? È bisogno di corrispondenza e d'affetto delle genti ispane, sconosciute interatnente nell'ambiente in cui vivo? La mano trema di commozione al vergar queste righe, piego il capo, invecchio e rimembro la gioventù ancora.

Da fonte inesausta scaturiscono i suoi lavori, ma per caritá non mi risparmi se le occorron libri, indicazioni sulle letterature straniere, edizioni irreperibili in Ispagna o che so io. Sulla novella avrei io forse qualche nota; tempo fa volevo rifare di sana pianta il libro americano sul romanzo picaresco in forma di libro o di recensione. Infinita roba riposa inerte e polverosa nei miei scaffali. Potessero gli amici mieí almeno approfittarne!

Al Sanvisenti manca, oltre la modestia, ogni attitudine al lavoro scientifico, scrupuloso e profondo. Scambia l'arte coll'artificio e la retorica; io ho rifatto i suoi cosidetti primi influssi, che nessunissima novit e molto caos contengono; i miei appunti escono quà e là alla spicciolata: il Corbaccio in Ispagna per esempio nella Miscelanea Mussafia; Dante in Ispagna, nel Giornale Storico, ecc. Quanto al Curial y Güelfa, ignoto al Sanvisenti quando stampava i malaugurati influssí, noto suppongo dal manoscritto di un mio lavoro che riposava tra le carte del Novati (come lo studio del Rennert su Macias! ), io non credo affatto che sia italiano d'origine, ma l'autore catalano evidentemente, era dell'ambiente e delle lettere e della coltura italiana intendentissimo. Non è possibile, né supponíbile la disparizione completa di un originale italiano che avrebbe servito di base all'elaborazione catalana, ma lo studio delle fonti tentato dal Sanvisenti è una ben misera cosa. Rubió y Lluch mi scrive in proposito: «El estudio de Sanvisenti es realmente disparatado, y lo peor es que hay en él una petulancia ridícula y antipática. Me da algunas lecciones que son unas caídas espantosas, etc». Io avrei voglia di rifare anche questo studio, ma apparirebbe soverchio l'insistere sullignoranza e la presunzione di un giovane a cui io feci un gran bene e che per imbecillità insolentisce anche ai miei amici di Spagna. Lo estudio sul Curial è nel 1.º fascicolo degli Studi Medievali del Renier e Novati, ch'io, se desidera, metto senz' altro a sua disposizione.

É tempo ch'Ella si provveda d'un centinaio di biglietti stampati di questo tenore ad un dipresso:

Deseo .............................................

libro tal .......................................

per 2-3-4 mesi

a prestito o su acquisto.

e liberissimamente poi mi comandi. Non debbo io essere l'anello di congiunzione fra i letterati e gli studiosi delle nazioni latine e germaniche? E che altro riesco io a fare in questo povero mondo?

A Zurigo commemorerò Cervantes e il Quijote (in tedesco! ) nel prossimo inverno, ed io le manderò sollecito un estratto della mia chiaccherata.

Or così lontano la stringo con vivissimo affetto la mano

Suo

Arturo Farinelli

Grazie assaí d'avermi suggerito l'ottimo Mélida che io moltissimo apprezzo.

Novati verrà fra giorni a Gmunden a trovarmi.

TRADUCCION

Ilustre y querido amigo: Gozos de la mente y del corazón son sus cartas y los trabajos que Vd. con exquisita gentileza de tiempo en tiempo me envía. No puedo pensar en Vd. muchas veces sin derramar lágrimas de emoción. El tiempo huye. ¿ Podré yo abrazarle contra mi corazón otra vez?

Vd. no es sólo prodigiosamente fecundo y maravilloso conocedor de toda fase de la naturaleza humana; la intuición profunda del arte es en Vd. y se advierte espontánea, natural, en todo cuanto expresa; el calor de su alma se comunica en todo escrito suyo. Figúrese con cuanto placer he leído su «Contestación» al nuevo académico, que vale infinitamente más que el discurso inaugural. No le hago cumplimientos, desprecio las frases y los halagos, me limito a manifestar sinceramente mis sentimientos.

No sabía nada de la horrible desgracia que le ha caído a nuestro Rodríguez Marín. Hace más de un año que no recibo cartas de Sevilla; con el Marqués de Jerez rompí, contrariado y asqueado de la actitud de un hijo suyo con el que había tenido muchas atenciones en Zurich. Y ahora me imagino obligado a estar mudo a aquel querido gran hombre, genialmente locuaz, rico en dichos agudos, salerosos, agradabilísimo, inagotable como era, un Quevedo redivivo, pero infinitamente más bondadoso y sociable. Yo le quería, le quiero todavía como un hermano. Escuchaba en Sevilla hasta más tarde de la media noche, en las salas de la mal administrada justicia, sus defensas de los delincuentes; aquella sonrisilla en los ágiles labios está todavía presente en mí, aquellos discursos, aquel aire pútrido. Las pandectas y los códices no eran un secreto para él. Y ahora, después de otros graves sufrimientos, recibe la herida en su voz. Yo le conjuro a Vd. por el amor que tengo a las letras y a toda la cultura de España, extensible naturalmente a todos los queridos y valiosos hombres que la cultivan, que se ponga al frente de una comisión académica que bajo el pretexto de este o de aquel trabajo, asegure a nuestro querido inválido y padre de numerosa familia una paga anual o premio o remuneración como resarcimiento de los emolumentos que ya no percibe de la abogacía.

La triste noticia evocó mil sueños del pasado y una voz del corazón me grita fuertemente que yo no puedo haber dado un adiós para siempre a las tierras que tantos amigos míos encierran. Volveré. Me he impuesto ya estudios fatigosos que exigen mi presencia en España. Me gustaría hacer con Altamira una guía intelectual (no un Baedecker, por favor), de España, con indicaciones muy detalladas y completas, histórico-crítico-artístico-bibliográficas, y ya he reunido alguna noticia. Allí brillan los faros que me alumbrarán en la edad madura. ¿Es enfermedad incurable este deseo de vagabundear? ¿Es necesidad de correspondencia y de afecto de las gentes hispanas, enteramente desconocidas en el ambiente en que vivo? La mano tiembla de emoción al tratar estas líneas, doblo la cabeza, envejezco y recuerdo todavía la juventud.

De fuente inagotable brotan sus trabajos, pero por favor no deje de molestarme si necesita libros, indicaciones sobre las literaturas extranjeras, ediciones inencontrables en España o qué sé yo. Sobre la novela tendría yo quizá alguna nota; hace algún tiempo tenía la intención de rehacer desde el principio el libro americano sobre la novela picaresca en forma de libro o de recensión. Mucho material yace inerte y polvoriento en mis estanterías. ¡Si siquiera mis amigos pudieran aprovecharse de ello!

A Sanvisenti le falta, además de la modestia, toda actitud para el trabajo científico, escrupuloso y profundo. Confunde el arte con el artificio y la retórica; yo he rehecho sus llamados primeros influjos, que no contienen ninguna novedad en absoluto y sí mucho caos; mis apuntes salen aquí y allá de manera dispersa: el Corbaccio in Ispagna por ejemplo en la Miscelanea Mussafia; Dante in Ispagna, en el Giornale Storico, etc. En cuanto al Curial y Güelfa, desconocido para Sanvisenti cuando imprimía los malaventurados influjos, conocido supongo por el manuscrito de un trabajo mío que se hallaba entre las cartas de Novati (como el estudio de Rennert sobre Macías!), yo no creo que en realidad sea italiano de origen, sino que el autor, evidentemente catalán, estaba muy impuesto en el ambiente, en las letras y en la cultura italianas. No es posible ni es de suponer la desaparición completa de un original italiano que habría servido de base a la elaboración catalana, pero el estudio de las fuentes intentado por Sanvisenti es bien poca cosa. Rubió y Lluch me escribe al respecto: «El estudio de Sanvisenti es realmente disparatado, y lo peor es que hay en él una petulancia ridícula y antipática. Me da algunas lecciones que son unas caídas espantosas, etc.». A mí me gustaría rehacer también este estudio, pero podría parecer excesivo insistir en la ignorancia y la presunción de un joven a quien yo hice un gran bien y que por imbecilidad se insolentó hasta con mis amigos de España. El estudio sobre el Curial está en el fascículo 1.º de los Studi Medievali de Renier y Novati, que yo, si lo desea, pongo desde ahora a su disposición.

Ya es hora de que Vd. se haga de un centenar de estiquetas impresas de este tenor más o menos:

Deseo..............................................

El libro .............................................

por 2-3-4 meses ...........................

en préstamo o por compra

y con entera libertad me dé sus órdenes. ¿No debo yo ser el enlace entre los literatos y los estudiosos de las naciones latinas y germánicas? ¿Qué otra cosa, si no, logro yo hacer en este pobre mundo?

En Zurich conmemoraré a Cervantes y El Quijote (en alemán!) el próximo invierno y me apresuraré a mandarle un extracto de mi perorata.

Ahora desde tan lejos le estrecho la mano con vivísimo afecto.

Suyo

Arturo Farinelli

Muchas gracias por haberme sugerido al magnífico Mélida a quien aprecio muchísimo.

Novati vendrá dentro de unos días a verme a Gmunden.

 

Tomada de Farinelli - Menéndez Pelayo , p. 109-112.

Notas

[1] Por no conservarse el original, no es posible contrastar si existe error en la transcripción, por ejemplo aquí y en otros lugares.