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Datos del fragmento

Remitente ANTONIO RESTORI REGIA UNIVERSITÀ MESSINA Destinatario MARCELINO MENÉNDEZ PELAYO Fecha 23 novembre 1898

Texto

Volumen 15 - carta nº 36

De ANTONIO RESTORI
REGIA UNIVERSITÀ
MESSINA
A MARCELINO MENÉNDEZ PELAYO

23 novembre 1898

Illustre Signore ed Amico: le stesse scuse per il prolungato silenzio che Ella mi faceva nella sua graditissima lettera dell'8 agosto passato, dovrei fare a Lei io; e con quanta maggior ragione! Prima di tutto perché Ella può trattare, anzi desidero che tratti con me come Maestro a scolaro: e molte cose son lecite al maestro e non al discepolo. Poi io so troppo bene quanto sia vero che Lei è assorbita in occupazioni incesanti e fecunde; mentre il lavoro mio è così poco, in paragone, che non oso invocarlo come giustificazione, e aspetto il perdono del mio silenzio soltanto dalla sua bontà.

Ma prima di parlarle di me, risponderò brevemente alle cose di che Lei mi accenna nella sua lettera. Ebbi a suo tempo il vol. 8.º delle Obras de Lope, e ne ringrazio vivamente Lei e la benemerita Accademia. Io continuerò certo la recensione nella Zeitschrift, ma col mio pasaggio a Messina, tanto distante da Parma, ove sono i materiali drammatici più pregevoli, essa soffrirà qualche ritardo. Per i Guzmanes de Toral non posso ancora dirle se potrò mandarle la copia per le Obras, perchè quando mi giunse la sua lettera ero già in un mezzo impegno col solito mio editore tedesco. Gli ozii delle vacanze estive hanno allungato questa pratica, e ancora non so se sarà da lui edita; gli ho scritto e appena ne saprò qualcosa scriverò a Lei il risultato. Intanto la sua affermazione che l'atto 3.º è autografo mi ha giovato; prima perché conferma l'autenticità: poi perché col confronto di esso potrò esaminare gli altri mss. parmensi. Intanto posso dirle che è completamente autografa la commedia del D. Juan de Austria en Flandes, la cui copia manderò certamente a Lei per le Obras: mi dica a suo tempo quando Le occorrerà questa copia. Il fac-simile del B. do Mudarra lo ho visto perché me lo mandò in prestito il Rennert, nientemeno che da Filadelfia!: ma naturalmente ho dovuto restituirlo, e nelle biblioteche italiane non si trova. Io non voglio nè rifiutare la sua cortese oferta, nè d'altra parte obbligare Lei o la Real Academia a un sacrificio ch'io non merito nè saprei come compensare. Si potrebbe fare così: se la Academia ne possiede un esemplare disponible, me lo mandi in prestito: io lo terrò con ogni riguardo, e quando avrò finito il confronto paleografico coi mss. parmensi, e con altri di Lope a Napoli e Roma (il che non sarà, badi, un tempo troppo breve) lo restituirò; Le pare che così vada bene?

Aspetto dal Cotarelo le prove di stampa di un ben meschino lavoretto che avrà l'immeritato onore di entrare nella Miscellanea-Menéndez; per quanto a Lei non mi scuso della povertà del lavoro, perché Ella, secondo il detto del vecchio Orazio, guarderà non al dono mal all'animo del donatore. Per quanto al pubblico, l'ho ivi avvertito che esso non è che il saggio di una rassegna più ampia che intendo fare dei canzonieri spagnuoli in Italia. Ed è la verità; ho trovato a Roma, a Torino, a Ravenna dei cancioneros semi-ignoti che mi paiono meritevoli d'essere illustrati. Ma è tale la rarità delle vecchie stampe spagnuole che riesce penosissimo il fare i necessari confronti; sicché avrò spesso necessità di ricorrere per aiuto a dar fastidio a Lei. E per cominciare, nel cancionero di Ravenna che è nientemeno che di 388 pagine, c'è una tale abbondanza di robe da confondercisi. Fu scrito nel 1589; in generale liriche, e in gran parte allegre o addirittura oscene (sarabandas, letrillas, dialoghi amorosi, sonetti ecc.): pochi romances ma interessanti. Ho invano cercato in Italia il Cancionero de burlas y obras provocantes a risa; con gran pena son riuscito ad alcune identificazioni del Acuña, Damasio de Frias, Gutierre de Cetina, Hurtado de Mendoza. A proposito di quest'ultimo, c'è nel codice di suo la fabula del Cangrejo (v. Knapp) la Definicion de celos (id. p. 379) la Nadie fie en alegria (id. p. 368) e c'è poi una sezione di 38 sonetti, erotici e molti osceni, che io crederei suoi; uno è certo suo; e finisce col Parto de Ginebra pure suo. Credo che l'oscenità di essi abbia impedito al Knapp di stamparli, nel che avrebbe fatto male; ma forse le copie in Ispagna ne furon poche e quelle poche distrutte, sicché il Knapp non li avrà conosciuti? Mando a Lei l'indice di essi: forse li conoscerà in qualche ms. spagnuolo e mi dirà con certezza dí chi siano. Certo son tutti belli, e niente inferiori a quei pochi, pure erotici, cui dette ricetto il Knapp nella sua raccolta.

Ho sul tavolo il bel lavoro del Menéndez Pidal sugli Infanti di Lara. Fa onore alla schiera dei giovani filologi di Spagna, dalle cui Università sarebbe un gran bene che uscissero molti lui e il Cotarelo! Mi duole non essere con lui in alcuna relazione; so che sta lavorando sul Cid, e non vorrei che desse per risoluta (come mi pare che tenda a credere negli Inf. de Lara) la questione della metrica del Poerna, Il Menéndez Pidal mi pare un scienziato troppo coscienzioso per obbedire a suggestioni di falso patriottismo, e spero esaminerà spassionatamente gli influssi francesi nel Poema, che forse agirono anche su la metrica. Perché la gran questione è questa: è sicuro il Menéndez Pidal che i versi ottosillabi che ricostruisce così sagacemente dalle Crónicas, appartenessero a un poema, o non piuttosto a cantari ottosillabici isolati, press'a poco come i romances ?

Ma io l'annoio con ciarle. Mi aiuti, se può, per gli acclusi sonetti; io Le riscriverò presto circa la commedia di Lope. Intanto mi conservi la sua benevolenza e creda alla stima profonda e all'affettuosa devozione che Le porta il suo obbl. mo

A. Restori

TRADUCCION

Ilustre señor y amigo: Las mismas disculpas por el prolongado silencio que Vd. me pedía en su gratísima carta de 8 de agosto pasado debería pedirle a Vd. yo, ¡y con cuánta mayor razón! Ante todo porque Vd. puede tratar, o más bien deseo que trate conmigo como un maestro con un alumno, y bien de cosas son lícitas al maestro y no al discípulo. Después sé demasiado bien que Vd. realmente está absorbido por ocupaciones incesantes y fecundas, mientras que mi trabajo es en comparación tan poco que no me atrevo a invocarlo como justificación, y sólo de su bondad espero el perdón por mi silencio.

Pero antes de hablar de mí, contestaré brevemente a las cosas que Vd. me indica en su carta. Recibí a su tiempo el vol. 8.º de las Obras de Lope, y se lo agradezco vivamente a Vd. y a la benemérita Academia. Yo continuaré ciertamente la recensión en la Zeitschrift, pero con mi traslado a Mesina, tan distante de Parma, donde están los materiales dramáticos más valiosos, sufrirá algun retraso. De los Guzmanes de Toral no puedo decirle todavía si podré enviarle la copia para las Obras, porque cuando recibí su carta tenía ya un medio compromiso con mi habitual editor alemán. El ocio de las vacaciones veraniegas ha prolongado esta situación, y no sé todavía si habrá sido editada por él; le he escrito y en cuanto sepa algo, comunicaré a Vd. el resultado. Entretanto su afirmación de que el acto 3.º es autógrafo me ha alegrado; primero porque confirma la autenticidad; después porque con su confrontación podré examinar los otros mss. parmenses. Mientras tanto puedo decirle que es completamente autógrafa la comedia de Don Juan de Austria en Flandes, cuya copia enviaré ciertamente a Vd. para las Obras; dígame a su tiempo cuándo tendrá necesidad de esta copia. El facsímil del B. do Mudarra lo he visto porque me lo envió en préstamo Rennert, ¡nada menos que desde Filadelfia! Pero naturalmente he tenido que devolverlo, y en las bibliotecas italianas no se encuentra. Yo no quiero ni rechazar el cortés ofrecimiento de Vd., ni por otra parte obligar a Vd. o a la Real Academia a un sacrificio que yo no merezco ni sabría cómo pagar. Podría procederse así: si la Academia posee un ejemplar disponible, que me lo envíe en préstamo; yo lo guardaré con todo cuidado, y cuando haya terminado la confrontación paleográfica con los mss. parmenses, o con otros de Lope de Vega en Nápoles y en Roma (lo cual, hágase cargo, no llevará un tiempo demasiado breve), lo devolveré. ¿Le parece bien así?

Espero de Cotarelo las pruebas de imprenta de un muy humilde trabajito que tendrá el inmerecido honor de entrar en la Miscelánea-Menéndez; en cuanto a Vd. no me disculpo de la pobreza del trabajo, porque Vd., según el dicho del viejo Horacio, mirará no al don sino al ánimo del donante. Referente al público, allí le advierto que no se trata más que del bosquejo de una reseña más amplia que pienso hacer de los cancioneros españoles en Italia. Y es la verdad; he encontrado en Roma, en Turín, en Ravena cancioneros españoles medio desconocidos que me parecen merecedores de ser ilustrados. Pero es tal la rareza de los antiguos impresores españoles que resulta penosísimo hacer las necesarias confrontaciones; de modo que tendré a menudo necesidad de recurrir a molestarle a Vd. en busca de ayuda. Y para empezar, en el cancionero de Ravena, que es nada menos que de 388 páginas, hay tal abundancia de cosas que llegan a confundir. Fue escrito en 1589; en general líricas, y en gran parte festivas o incluso obscenas (sarabandas, letrillas, diálogos amorosos, sonetos, etc.); pocos romances, pero interesantes. He buscado en vano en Italia el Cancionero de burlas y obras provocantes a risa; con mucho esfuerzo he logrado algunas identificaciones de Acuña, Damasio de Frías, Gutierre de Cetina, Hurtado de Mendoza. A propósito de este último, hay de él en el códice la Fábula del cangrejo (v . Knapp), la Definición de celos (id. p. 379), la Nadie fíe en alegría (id. p. 368) y hay después una seccion de 38 sonetos, eróticos y muy obscenos, que yo creería que son suyos; uno ciertamente es suyo; y termina con el Parto de Ginebra también suyo. Creo que es su obscenidad lo que habría impedido a Knapp publicarlos, en lo que habría hecho mal; pero ¿no será que las copias en España fueron pocas y esas pocas destruidas, de modo que Knapp no llegara a conocerlas? Envío a Vd. el índice de ellos: tal vez los conocerá en algún manuscrito español y me dirá con certeza de quién son. Ciertamente son todos bellos, y en nada inferiores a aquellos pocos, también eróticos, que recogió Knapp en su colección.

Tengo sobre la mesa el hermoso trabajo de Menéndez Pidal sobre los Infantes de Lara. Hace honor al plantel de jóvenes filólogos de España, de cuyas Universidades sería un gran bien que saliesen muchos como él y Cotarelo. Me duele no tener alguna relación con él; sé que está trabajando sobre el Cid , y no querría yo que diese por resuelta (como me parece que tiende a creer en los Inf. de Lara) la cuestión de la métrica del Poema. Menéndez Pidal es un científico demasiado concienzudo para obedecer a sugestiones de falso patriotismo, y espero que examinará desapasionadamente las influencias francesas en el Poema, que quizá actuaron también sobre la métrica. Porque la gran cuestión es ésta: ¿está seguro Menéndez Pidal de que los versos octosílabos que tan sagazmente reconstruye de las Crónicas, perteneciesen a un poema, y no más bien a cantares octosilábicos aislados, más o menos como los romances?

Pero le estoy aburriendo con charlas. Ayúdeme, si puede, en los adjuntos sonetos; yo volveré a escribirle pronto en torno a la comedia de Lope. Entretanto consérveme su benevolencia y crea en la profunda estima y afectuosa devoción de su affmo.

A. Restori

ANEXO A CARTA DE 23 NOVIEMBRE 1898

Sonetos (de D. Hurt. do de Mendoza?)

1 — Ninguna muger hay que yo no quiera,
          a todas amo i soi aficionado 2 — Primero es abrazalla y retozalla
          y con besos un rato entretenella

3 — Que hazeis hermosa? Mirome aeste espejo.
          Porque desnuda? Por mejor mirarme.

4 — El vulgo comunmente se aficiona
          a la que sabe ques doncella y moza

5 — Una nueva locura se ha asentado
          en los entendimientos desta era

6 — Estava un mayordomo enamorado
          y tan perdido por su misma ama

7 — Señora cama en que haueis nos hallado
          que haueis de estar contino murmurando

8 — Querellas vanas vanos pensamientos
          teneis en que entender estar ociosos

9 — Alzó el aire las faldas de mi vida
          y ví la servillica colorada

10 — Los ojos vueltos, que del negro dellos
            muy poco o casi nada parecia

11 — Aquel cogerla a escuras a la dama
            y echarle luego mano a la camisa

12 — Quistion es entre damas disputada
            porque despues que el hombre esta casado

13 — El que tiene mujer moza y hermosa
            (Vide: Bibl. ca , de Ribadeneyra, t. XLII, p. 503 [*] )
            que busca en casa de muger ajena?

14 — Reñian dos casados cierto dia
            de suerte que qualquiera que mirara

15 — Damas, las que os quejais de mal casadas
            hazeos dessear: hareis amaros

16 — Mujer, aunque sentais lo que yo quiero
            desde aora para siempre os amonesto

17 — Casose cierta moza con un viejo
            y una dueña vieja con un mozo

18 — Rabiosos celos le tenian perdido
            a un casado triste en tal manera

19 — Un tuerto en su mujer no halló el despojo
           y habianle dicho que donzella era

20 — Aquel llegar de presto y abrazalla
           aquel ponerse à fuerzas él y ella

21 — Que alegres son al triste enamorado
            las iras de su dama con blandura

22 — Dentro de un santo templo un hombre honrado
            con grande devocion rezando estaba
           (Vide: Biblioteca Rivadeneyra XXXII, 103)
           (Knapp: Obras de Mendoza, p. 441)

23 — Venus que a Marte en lalma tiene impreso
            su dorado cabello esta añudando 24 — Casose Catalina con Mateo
             y hubo essa noche muchos combidados

25 — Hallandose dos damas en faldetas
             tratando del amor con mucha risa

26 — O dulce noche o cama venturosa
             testigos del deleite y gloria mia

27 — A la orilla del agua estando un dia
            agena de cuidado una hermosa

28 — Tu cabello me enlaza, ay mi señora,
            y tu hermosa frente me enternece

29 — Unas monjas acaso disputando
            estaban sobre qual decir se pueda

30 — Rapandoselo estaba cierta hermosa
            hasta el ombligo toda arremangada

31 — Entre unos çentelales yo vi un dia (?)
            dos hombres y una moza hermosa entrellos

32 — Casa una dama con un licenciado
            tan poco desenbuelto y poco ativo

33 — Triste el hombre que de amor tocado
             pretende de llegar a ser querido

34 — Cuando en tus brazos Filis recogiendome
            el pecho me descubres hermosissimo

35 — Viendo una dama que un galan moria
             padeciendo por ella gran tormento

36 — En invierno un galan ala orilla de un rio (?)
            vio una moza descalza estar lavando

37 — A consentir al fin en su porfia
            vino una dama con su enamorado

38 — Fué un casado a comprar pan a la plaza
            y sabiendole en vano su trabajo
            — Parto de Ginebra: Empreñose Ginebra la mañana (Vide Knapp o.c.)

 

Notas

[*] [Son números de orden y estas referencias están en tinta roja.]